Siamo ancora nella valle di Calingasta (San Juan, Argentina), a tremila metri s.l.m., presso il sito archeologico di Los Morillos. La prof.ssa Michieli ci presenta le metodologie proprie di archeologia di montagna: difficoltà di raggiungere i siti, aridità, altitudine (con conseguente “puna”, mal di montagna, al quale ci si abitua sviluppando globuli rossi).
I siti di montagna sono più semplici da identificare di quelli in pianura, perché l’uomo ha da sempre abitato solo quei luoghi che hanno alcune caratteristiche: vicinanza all’acqua, riparo dal vento e dal freddo, presenza di erba per il bestiame, legna per il fuoco. Il sito in cui siamo ne è un esempio e la prof.ssa Michieli ci presenta le sue particolarità. L’oasi in cui ci troviamo ha la particolarità di avere acqua nel sottosuolo e un microclima stabile, che consente anche 5 gradi più caldi che all’esterno nella notte e 5 gradi di meno di giorno (frescura).
Anche i campi di archeologia non si fanno molto distanti da luoghi come questi, proprio per poter beneficiare -nei 20-60 giorni di campagna –dello stesso ambiente favorevole scelto migliaia di anni prima.
Infine, questo ambiente aiuta la conservazione. La Cordigliera impedisce ai venti umidi dei due Oceani di raggiungerla creando di fatto un clima desertico. L’aridità climatica ha fatto sì che quasi tutti gli elementi di vita quotidiana delle popolazioni che si sono succedute negli ultimi 8.500 anni siano arrivati a noi.