Saltiamo i convenevoli, o limitiamoli al massimo: Lascaux è la grotta ornata preistorica più famosa e importante al mondo, al pari di Altamira (Spagna). Scoperta per caso il 12 settembre 1940 da 4 ragazzi che inseguivano il loro cane, la grotta colpisce da subito l’Abate Henri Breuil – grande studioso dell’epoca, primo cattedratico di arte paleolitica di sempre all’Università di Tolosa, e di fatto “barone” di questi studi – per la sua ricchezza artistica e di significato.
Potremmo parlarvi dei colori (qui sono stati usati manganese, ocra rossa e gialla, ma anche loro combinazioni che portano a riconoscere 9 diverse tonalità), o della precisione degli animali, o della grandiosità dell’opera (perché si tratta di un’opera unica, non di un insieme casuale, questo appare abbastanza evidente), ma preferiamo parlarvi di cosa ci ha lasciato, trasmesso.
Ancora un’ultima nota: non siamo potuti entrare nella grotta originale, che è chiusa per motivi di conservazione dagli anni Ottanta, ma nella seconda sua replica – Lascaux IV (Lascaux II e è poche centinaia di metri, Lascaux III è una mostra itinerante) – aperta al pubblico nel dicembre 2016, insieme al Centre International de l’Art Pariétal. Un museo di oltre 8.500 m2 di superficie espositiva, che include una replica completa della grotta e sei gallerie che ripercorrono la storia della sua scoperta, il suo posto nella l’arte rupestre mondiale e la sua interpretazione contemporanea.
Abbiamo scelto una Prestige Visite che dura circa due ore, con guida, e con la sola luce di due piccole torce (elettriche ma in grado di replicare il tremolio di una luce di candela).
Diciamo subito che entrare in una grotta “autentica” è un’altra cosa. Percepiamo che l’atmosfera è ricostruita (nonostante i tredici gradi interni!) e pur lodando la capacità artistica di creare una magnifica replica, rimane una replica.
Ma dopo pochi minuti dall’ingresso, le immagini sovrastano la voce che ci diceva continuamente nella nostra testa “beh, non è la vera grotta!”! Forse perché le scene che iniziano a svelarsi, la loro grandiosità, perfezione e intrinseca forze, stavano iniziando a scavarci dentro.
Con Lascaux, non solo la grotta diventa animale, ovvero gli animali si rivelano grazie alla grotta / erano già nella grotta (e dunque la grotta offre solo una superficie che consente di entrare in contatto con un mondo altrimenti velato, ma che è lì, basta toccarlo e avere gli occhi giusti per entrarvi), ma siamo noi che percorriamo una grotta interiore. E nonostante il gruppo sia notevole (saremo state 40 persone quando di solito nelle grotte – quelle vere! – non si entra in più di 10/15), accade che ti trovi ad essere “dentro”.
La prima scena è un vorticare sul soffitto di animali: bisonti e cavalli. E tutti paiono ruotare e danzare. E puntare verso dei cervi. Uno dei punti di questo cerchio vede solo cervi, che sono “guardati” da bisonti e cavalli. Chi sono i cervi?..
Si apre la prima galleria: animali a destra e sinistra. Ma i cavalli, sempre più spesso, invece di guardare verso il fondo della grotta (avanzando con noi), iniziano ad essere voltati indietro e sono sempre più rappresentati sulla parete sinistra. Il rosso, il nero, il giallo e anche alcuni segni danno grandiosità al percorso. Percorso che, dopo qualche decina di metri, svolta improvvisamente a destra con un angolo acuto. Ma prima di girare, notiamo un sifone verticale aprirsi davanti a noi, e l’unico cavallo capovolto di tutto il Perigord, domina la scena di una sorta di “caduta di cavalli”. Cosa rappresenta?
Giriamo l’angolo, dunque, e quello che ricordiamo è ancora una galleria di bisonti e cavalli, ma sulla destra, dopo qualche passo, dei gradini portano a un piano sollevato da terra di circa 1,5 metri. Sono scale “sacre” ovvero non per umani: il primo scalino è alto, circa uno stacco di 1 metro, poi i successivi scalini sono “umani” di circa 30 cm. Conosciamo altre “scale” sacre come queste, incontrate in altri siti preistorici o del mondo antico, come nella Maremma Toscana: pare che vogliano marcare un passaggio non percorribile da un essere umano, o almeno non da un umano che non sia “sacro”, capace di travalicare le leggi naturali. La guida ci dice che quel ripiano, che diventa un vero e proprio antro sulla destra del percorso, era come l’abside di una chiesa, una sorta di palco cerimoniale. E sul suo fondo, non visitabile (mi sono chiesto come mai visto che è una replica..), l’unica raffigurazione umana: un uomo steso a terra, come abbattuto da un bisonte in fronte a lui Morte sciamanica?
Lasciamo la “chiesa” e avanzando, sulla sinistra cavalli che “tornano verso l’ingresso”, dipinti dietro (sono sempre dietro) ai bisonti, che avanzano Ma sulla destra tornano i cervi. Sono cervi dipinti solo dal collo in su, come se stessero nuotando. Ci ricordano i miti di rinascita, le divinità alpine e celtiche (Kernunnos) che rappresentano lo sciamano (o l’iniziato dallo sciamano) che grazie alla sua nuova capcità di morire, può rinascere e, affrontando le acque della vita (lo Stige? Mnemosine?), giunge alla scena finale, he si trova nell’ultimo antro della galleria e raffigura l’unico predatore di tutta la grotta: il leone.
Solo l’iniziato può affrontare il re degli animali?
Nel video proviamo a trasmettere ciò che abbiamo qui provato ad abbozzare. Chiariamo che è una nostra percezione, una nostra lettura di un sito che non smette mai di stupire.