E’ del 13 agosto la news lanciata dal sito scienceray.com con la quale si annuncia che un gruppo di scienziati boliviani avrebbe identificato grazie ad un GPR (ground penetrating radar, un georadar) una cavità interessante sotto il sito boliviano di Puma Punku. Stiamo parlando di uno dei siti archeologici in altura (si trova sull’altopiano boliviano a circa 4.000 metri s.l.m.) meno studiati del mondo. Lo abbiamo visitato lo scorso novembre (vedi il ns post del 28 novembre 2011) .
Subito dopo aver gironzolato per Tiawanaku, le cui pietre raggiungono il peso di 150 tonnellate. Nulla in confronto alle dimensioni della vicina Puma Punku (“la porta del puma” in lingua aymara) dove si raggiungono persino le 440 tonnellate. Le strutture sono in granito e diorite, provenienti da cave poste ad almeno 60 chilometri di distanza.
Gli archeologi boliviani guidati da Domingo Mendoza sostengono aver identificato una camera artificiale a 1,2 metri di profondità, che si sviluppa fino a 3,35 metri e la cui pianta è di 3,65x 1,5 metri. Non sono stati rilevati punti di ingresso e il team boliviano crede che lo spazio sia stato intenzionalmente scavato. Infine, pare esserci un oggetto sul fondo e il team boliviano azzarda possa essere un sarcofago. La squadra sta cercando una società di perforazione disposta a dare una mano per praticare un piccolo foro e inserire una microcamera in grado di “spiare” l’interno e rilevare l’anomalia (il “sarcofago”).
Per inquadrare al meglio la notizia riportiamo quanto appreso dal nostro reportage del 2011. La Bolivia ha da circa due anni sospeso tutti i permessi di scavo a istituzioni internazionali, bloccando anche accordi in essere. Una linea politica più che scientifica che sta portando pesanti ritardi negli scavi e soprattutto sta diminuendo le possibilità di avanzamento della ricerca stessa. Ecco, per dirla tutta, non vorremmo che questo annuncio sia stato fatto ad hoc per attirare l’attenzione del mondo sulle capacità autoctone di fare grandi scoperte anche in assenza di istituzioni straniere. Non ce ne vogliano i boliviani, ai quali riconosciamo tutte le capacità di questo mondo, ma quando un paese è attraversato da correnti politiche “forti” chi ne fa le spese per prima è spesso la ricerca, improvvisamente inutile. Oppure utile, ma a fini non propriamente di avanzamento culturale. Detto questo seguiremo con attenzione gli sviluppi.