Come promesso abbiamo cercato di capire cosa stia accadendo a Machu Picchu sulla scia della notizia ribattuta a livello mondiale, e giunta anche su qualche media in lingua italiana, che vi sia una “camera segreta” ritrovata nella cittadella Inca. Queste notizie davano molti particolari su quanto sarebbe sotterrato nella zona delle ricerche e anche che tali ricerche erano al momento bloccate dal Ministero di Cultura.
Ringraziamo dunque il Direttore del Parco Archeologico di Machu Picchu, Prof. Fernando Astete, da noi intervistato nel 2011 a Cusco prima della visita alla cittadella, che ha gentilmente risposto alla nostra richiesta di chiarimenti. Abbiamo anche provato a contattare l’ONG Inkari, protagonista (a suo modo) della vicenda in qualità di capo fila nelle ricerche con georadar del 2011 e ora in qualità di realtà firmataria di un nuovo progetto di scavo e investigazione archeologica. Purtroppo, ad oggi, nessuno dei referenti di Inkari ONG ci ha risposto, pertanto scriviamo questa news senza poter avere dalla ONG stessa un parere in merito.
Grazie ai documenti che il Prof Astete ci ha inviato siamo in grado di riassumere la vicenda e – ci auguriamo – dare una corretta informazione sul caso. I documenti in nostro possesso sono una dichiarazione ufficiale alla stampa del Consiglio Direttivo del Comitato Peruviano dell’ICOMOS (International Council on Monuments and Sites, il cui operato consiste nell’offrire consulenza all’UNESCO per la conservazione e la protezione dei luoghi considerati patrimonio culturale nel mondo) e una relazione scritta in risposta alle recenti news internazionali firmata dall’Arch. Piedad Champi Monterroso, archeologa in carica a Machu Picchu e che abbiamo avuto il piacere di conoscere nella nostra visita in sito nel 2011.
Nel 2011 l’ONG Inkarri, sotto la guida dell’archeologo francese Thierry Jamin, ha compiuto una ricognizione con georadar di Machu Picchu, individuando una possibile camera sepolcrale nel settore urbano (Recinto 02, Settore II, Sub Settore E, unità 03). A seguito di tale prospezione, la ONG con sede a Cusco ha presentato al Ministero di Cultura di Cusco un progetto di scavo che è stato firmato dal Direttore Regionale di Cultura di Cusco, Antrop. David Ugarte. In seguito il progetto è stato respinto per diverse mancanze e assenza di requisiti (li vedremo più avanti). A questo punto la ONG Inkarri ha fatto appello a questo rifiuto e, prima che vi fosse una nuova posizione ufficiale a riguardo, ha iniziato una campagna stampa nella quale i termini della vicenda sono stati “esasperati” con particolari non verificabili (che già abbiamo segnalato come tali nel precedente post della scorsa settimana) in grado di far presa sull’immaginazione del lettore. Alcuni giornali, tra i quali anche il quotidiano El Comercio (molto letto), hanno dato pubblicazione del dispaccio stampa dell’ONG Inkarri e così nel mondo si è diffusa una vicenda secondo la quale il Ministero di Cultura peruviana impedirebbe il ritrovamento niente-di-meno-che della mummia di Pachacutec Inca (!) nonché dell’oro e dell’argento che ricoprirebbero le stanze della sua sepoltura.
Vediamo dunque come i documenti a noi giunti aiutino ad inquadrare meglio la questione.
Per cominciare riportiamo di seguito alcuni stralci della dichiarazione dell’archeologa Champi Monterroso, che segue la cittadella di Machu Picchu per conto del Ministero di Cultura Peruviano, con la quale la scienziata peruviana da un lato chiarisce le motivazioni per cui il progetto Inkarri é stato bocciato, dall’altro precisa i termini dell’attuale stato delle ricerche (distinguendo informazioni probabili da invenzioni mediatiche). Precisiamo che il testo che segue è stato da noi tradotto e ci scusiamo con l’autrice per eventuali errori di interpretazione (non di sostanza, in ogni caso):
Si è venuto diffondendo in mezzi scritti, televisivi a livello nazionale ed internazionale della supposta identificazione dell’esistenza di un mausoleo Inka in Machupicchu con grandi quantità di oro ed argento che inizialmente sarebbe stato attribuito alla tomba dell’Inka Pachakuteq e che per strategia, è stato poi cambiato con una versione secondo la quale corrisponderebbe ad un personaggio molto importante della cultura Inka, Panaca dell’Inka Pachacuteq.
Il Direttore del Parco Archeologico Nazionale di Machupicchu, congiuntamente con professionisti di carattere interdisciplinare (architetti) ingegneri, storiografi, e nella mia condizione di archeologa della Città Inka di Machupicchu, abbiamo respinto in maniera decisa l’approvazione del “Progetto di investigazione archeologica, con scavo, apertura del vano di accesso del Recinto 02, Settore II, Sub Settore E, unità 03, del settore Urbano della Cittadella Inka di Machupicchu, richiesto dall’investigatore ed esploratore francese Thierry Jamin, diplomato in Storia, Geografia ed Archeologia che nella sua condizione di Co Direttivo del progetto dell’ONG INKARI e la sua squadra tecnica confermano il “ritrovamento trascendentale” che cambierebbe la Storia Machupicchu.
Sono state rese note le mancanze tecniche di questo progetto (…) In detto progetto si descrivono criteri metodologici e tecnici errati, che presumono l’esistenza di una vano murato in un muro di contenimento di più di 3 metri di altezza (lato est), sulla cui piattaforma superiore si trova edificato un recinto con 3 vani di accesso verso il lato ovest. Questo supposto vano di accesso condurrebbe ad un gran mausoleo (ripieno di piattaforma). Sostengono che esista una camera funeraria? Sarebbe allora necessario richiedere un’esumazione e non solamente l’apertura di un vano, in questo senso il progetto non pare percepire l’obiettivo.
In questo momento i media riportano che è riscontrata “anche l’esistenza, dietro la porta di accesso, di una scala foderata con una placca di oro che conduce proprio al recinto principale”. Un’elucubrazione che arriva ai limiti della sua ambizione per trovare metalli, visto che dice anche che “probabilmente gli inca hanno nascosto il tesoro di Cusco in momenti di caos durante la caduta dell’incanato. Possono essere, e mi si accappona la pelle quando dico ciò, tesori portati dal Coricancha e da altri templi sacri”, dice l’archeologo francese (fonte: Diario El Comercio: Rivista Rumbos, 2013). Come professionisti siamo indignati da queste versioni tirate per i capelli, argomentate con esagerazioni e fallaci.
D’altra parte il sostegno storico ai riferimenti del mausoleo dell’Inka mancano di contestualizzazione (…) Oltre a ciò la Dra. Mariana Mould de Pease riporta che le attività del culto delle panacas reali intorno alle mummie dei governanti inca (per quelle che avevano “grandi quantità di oro e argento”), non prevedevano sepoltura.
(…)
Nell’articolo 40 del Regolamento di investigazioni archeologiche (…) si descrivono le tecniche di protezione e/o conservazione per gli scavi, l’architettura ed i materiali archeologici. Si dice che nel caso vi fossero lavori con resti umani vanno segnalate le tecniche specifiche tanto nel campo come nel laboratorio, come del suo imballaggio.
Visto che l’obiettivo principale del progetto è liberare la muratura che occulta l’accesso, la quale conduce fino alle supposte camere funerarie, oltre allo studio delle cavità localizzate durante lo studio anteriore. Non si precisa fino a dove si approfondirà la liberazione del supposto “muro” dove ora affermano che “determinarono già l’esistenza di una gran camera funeraria, con una considerabile quantità di oro ed argento, e una struttura sotterranea che alberga una decina di cavità che suppongono l’esistenza di uguale numero di sepolture, alcune di esse molto piccole che possono corrispondere a bambini.”
Quindi hanno solo l’interesse di liberare la muratura e non di procedere ad una esumazione? nella descrizione delle tecniche di protezione e/o conservazione, (gli autori del progetto, ndr) indicano solo che in caso di ritrovamento di ossa umane, queste saranno inviati al laboratorio di Antropologia Fisica della Direzione Regionale di Cultura di Cusco, per il loro studio corrispondente. Dunque, perché non segnalano in maniera specifica il registro di ossa umane, le tecniche specifiche sia sul campo sia nel laboratorio, così come il suo imballaggio? Come potremmo noi interpretare gli obiettivi di studio che vogliono raggiungere se nel progetto non è contemplata l’esumazione di un contesto funerario ?
Questa confusione teorica é dimostrata in un documento ufficiale di INKARI, “Machupicchu2012: Alla ricerca della Camera Segreta”, presentato alla Municipalità provinciale del Cusco, del quale si segnalano i seguenti estratti:
“L’utilizzo di camere endoscopiche confermano l’ipotesi secondo la quale i blocchi di pietra e quelli terrapienati disposti nell’entrata dell’edificio avevano la sola funzione di occultare un passaggio e non di sostenere le strutture dell’edificio. Gli spazi larghi e vuoti lasciano scorgere l’esistenza di un misterioso corridoio. Sembra che Thierry Jamin ed il suo gruppo non si siano sbagliati. Le risonanze sono effettive. Si tratta proprio di una porta, chiusa dagli inkas per occultare qualcosa di molto importante. Qui si nasconde probabilmente il tesoro principale di Machu Picchu. (si mostra immagine di Pachacuteq, pag. 06: Alla ricerca della Camera Segreta 2012)
(…) Thierry Jamin si prepara alla successiva tappa: l’apertura dell’entrata, coperta dagli Inca.
Tra qualche giorno, l’archeologo francese presenterà alle autorità peruviane una domanda di autorizzazione che permetterà a lui e alla sua squadra, in collaborazione stretta col Ministero di Cultura peruviano, di smantellare i blocchi di pietre e le tonnellate di terrapieni che, ad oggi, occultano l’accesso verso le camere funerarie. Sono in gioco un tesoro archeologico straordinario e nuove conoscenze sulla storia dimenticata dell’Inkanato”. (Alla ricerca della Camera Segreta 2012).
Come lavori preventivi di conservazione indicano solo che le unità previste saranno protette mediante una cintura di sicurezza confezionata con corde per evitare che questi siano alterati per l’azione umana. Si installeranno strati trasportabili di soffitto impermeabile per evitare le inclemenze naturali, vento o pioggia. Una volta conclusa la liberazione corrispondente, si metterà un piano per la conservazione delle strutture architettoniche. Queste saranno sottoposte a lavori eminentemente di conservazione, previa qualificazione. Posteriormente saranno bollate o sepolte.
Ratificano che hanno identificato con dei geo-radar (camere endoscopiche) un corridoio (delle scale?) costruite per accedere a queste cavità. Perché? Nel procedimento tecnico del progetto non specificarono la distanza, altezza e profondità delle cavità registrate, come dovrebbero asportare gli elementi litici (ripieno della piattaforma) dove sarebbero posti e come sarebbero reinseriti questi elementi, e non prevedono studi sulla capacità portante del ripieno della piattaforma, sul trattamento del piano nella sua parte superiore e se questi movimenti possano generare problemi di stabilità strutturale; solo sostengono in maniera schietta “che si inserirà un piano per la conservazione delle strutture architettoniche.” Allegramente segnalano nelle loro pubblicazioni che smantelleranno i blocchi di pietra e le tonnellate di terrapienati che, oggi, occultano l’accesso verso le camere funerarie. Pare che questa ONG ignori gli accordi internazionali di conservazione, la legislazione vigente e la categoria di Machupicchu in qualità di Sito Patrimonio Mondiale. Ugualmente chiariamo che la Città Inka fu costruito sul “caos granitico”.
Queste pretese solo riflettono e ci confermano un’altra volta l’unico interesse (del progetto, ndr) di trovare “metalli”, senza avere una conoscenza esatta sulla conservazione di un’importante struttura architettonica che fa parte di un monumento considerato Patrimonio Culturale dell’Umanità. Reiteriamo che mai hanno dimostrato e sostenuto i principi tecnici basilari del procedimento di conservazione per potere aprire questo “ipotetico vano di accesso.”
(…)
L’archeologa termina il suo scritto con una richiesta alla stampa di verificare le fonti, visto che è stata accusata da un paio di periodici di impugnare il progetto della ONG Inkarri senza avere un sostegno teorico, forse perché “difficilmente si può ribattere l’esperienza di un’autorità mondiale nel tema, come Víctor Pimentel che appartiene alla squadra di Inkari.” Nel progetto non esiste pagina alcuna dove sia menzionano il nome di Pimentel… Inoltre già un archeologo indipendente, come richiesto dalla ONG, ha valutato e bocciato il progetto che, evidentemente, presenta molte inesattezze di metodo e pare non tener affatto conto della conservazione della Città Inka in qualità di Sito UNESCO Patrimonio Mondiale dell’Umanità.
Passiamo ora alla nota alla stampa diramata dall’ICOMOS Perù. Riportiamo i punti salienti della comunicazione pubblica, con la quale il Consiglio ricorda che:
a) Ogni processo che si realizzi in siti archeologici peruviani deve rispondere strettamente ai criteri tecnici e scientifici vigenti, in accordo con le leggi in vigore.
b) Nel caso del Santuario Storico di Machu Picchu il principale documento tecnico ad applicare è il Piano Maestro, al quale deve attenersi rigorosamente qualunque progetto scientifico.
c) Sebbene è certo che l’utilizzo di mezzi tecnologici possono permettere determinare caratteristiche del sottosuolo, il fatto che apparentemente si sia dimostrato l’esistenza di cavità e “tra esse una camera quadrangolare” ed accessi, non è più che un indizio che deve assumersi con somma attenzione, precisione scientifica e tecnica.
Le priorità della squadra dell’ONG Inkari non sembrano compatibili con quelle che corrispondono al Ministero di Cultura, alla Direzione Regionale di Cultura del Cusco, all’Unità di Gestione di Machu Picchu ed ai professionisti che lavorano conformemente alla Legge di suddetti organi. Nei documenti editi da Inkari vi si legge che richiedono un’autorizzazione per “smantellare i blocchi di pietre e tonnellate di terrapieno che, ad oggi, occultano l’accesso verso le camere funerarie. E’ in gioco un tesoro archeologico straordinario e nuove conoscenze sulla storia dimenticata dell’Inkanato” (citato dall’articolo “Machu Picchu2012. Alla ricerca della Camera Segreta dell’ONG Inkari”). È chiaro che si tratta di “beni del patrimonio culturale” e non di “tesori straordinari.”
Nel resto del documento ICOMOS ricorda che in qualità di ente vigilante non farà mancare la propria attenzione in merito e nel punto che segue ci pare incoraggiare l’approfondimento di quanto svelato dalla prospezione geo-radar:
d) In ogni caso ICOMOS Perú confida ed esorta le istituzioni responsabili affinché, se corrispondenti alle necessità scientifiche, possa realizzarsi un programma di intervento attento a tutti i fattori, dalla preservazione del paesaggio culturale della Cittadella fino alle condizioni geologiche della zona. Tale programma dovrà prendere le misure necessarie e dovrà realizzandosi nei termini che garantiscano la continuità e sostenibilità del sito archeologico stesso. Nella misura in cui così le qualità scientifiche lo permettano, potrebbe incorporarsi al progetto personale debitamente qualificato e vincolato con gli studi previ. Ugualmente si ricorda la necessità di aderire strettamente alle norme relative al Patrimonio Mondiale che implicano una debita comunicazione all’Unesco su qualunque progetto che si intenda eseguire.
E’ chiaro dunque che:
a) Qualcosa è stato rilevato, e per l’esattezza l’esistenza di un possibile vano artificiale nel settore urbano della cittadella;
b) Non si conoscono altri particolari del vano (nemmeno la profondità del vano stesso, che pur in qualche news pubblicata online é stata indicata in 20 metri di profondità – ma non é un dato esistente nella relazione di progetto presentato..);
c) Non é possibile (ovviamente!) dedurre cosa vi sia nel vano, tanto meno “oro e argento”, mummie reali, di adulti o bambini;
d) Inkari non ha presentato un progetto accettabile, in quanto fallace sotto molti aspetti (scientifici e tecnici) che non tiene minimamente conto non solo della vulnerabilità di Machu Picchu, ma nemmeno delle più basilari conoscenze di indagine sul campo.
Rimane però importante capirne di più. E l’ICOMOS nell’ultima nota che riportiamo ci sembra della stessa opinione. Ovviamente dando attenzione alla metodologia e alla serietà.
Abbiamo anche contattato l’archeologo americano Gary Ziegler, esploratore dell’area di Machu Picchu per molti anni e autore di molti saggi sul tema, che è anche dell’idea che l’area andrebbe comunque investigata. Né i contatti di Ziegler né i nostri (limitati ma pur sempre validi) ci hanno restituito un qualsiasi report sulla ONG protagonista.
Speriamo così di aver presentato ai nostri lettori una panoramica completa dei fatti allo stato attuale (per ora crediamo di essere i primi a farlo in lingua italiana) e, come sempre, ci impegniamo per riportare eventuali nuovi sviluppi.