La fonte della notizia della settimana è il New York Times che ci racconta di una vicenda molto curiosa, che a nostro avviso dimostra come la scienza spesso avanzi secondo delle direttrici imprevedibili e grazie a scoperte non intenzionali.
Veniamo al dunque, partendo dalla notizia: due team di scienziati (genetisti) avrebbero trovato – seguendo percorsi autonomi e indipendenti – che vi è una seppur lontana parentela tra Amazzonici e indigeni del Pacifico (Australia e Nuova Guinea su tutti). Il collegamento sarebbe dovuto a quegli stessi Eurasiatici che avrebbero raggiunto sia il Nord America, sia la lontana isola Australiana. Ricordiamo che, migliaia di anno più, migliaio di anno meno, l’Homo Sapiens avrebbe raggiunto l’Australia circa 35.000 anni fa e solo 15.000 anni fa sarebbe entrato in Nord America dalla Siberia (il famoso stretto dii Bering).
Il primo gruppo di studio fa capo al dott. David Reich di Harvard che su Nature ha pubblicato un articolo nel quale riporta di questa vicinanza genetica grazie allo studio del DNA di perone viventi da differenti gruppi genetici e geografici e scheletri antichi. Lo studio sostiene che la migrazione in Nord America sarebbe accaduta secondo due ondate (alla quale si aggiunge quella più tarda degli Inuit): una prima ondata è di 15.000 anni fa e una seconda, della cosiddetta “popolazione Y”, ha dato origine a gruppi indigeni come Navajo, Apache e Chippewa che in effetti parlano lingue simili. Questa popolazione Y porta con sé tracce di DNA molto simili a quelle delle genti delle isole Andamane e della Nuova Guinea.
L’altro gruppo di scienziati, il cui portavoce nell’articolo del quotidiano statunitense è il genetista Maanasa Raghavan, ha pubblicato il suo articolo su Science e ha condotto le proprie ricerche grazie allo sforzo di oltre 100 scienziati e alle tecnologie del laboratorio danese del prof Eske Willersev, uno dei più famosi e attivi ricercatori nel campo del DNA (Università di Copenhagen and Center for geogenetics). La loro ricerca, durata oltre sette anni, mirava a determinare come sia stata popolata la terra americana. La loro conclusione è che la divergenza con il DNA Europeo accadde 23mila anni fa ma anche loro hanno trovato tracce di DNA in alcuni nativi sudamericani che sono simili a quelle degli Australiani.
Cercando di tirare le conclusioni, se da un lato è evidente che siamo di fronte ad un altro pezzo del puzzle e che di certo potrà alimentare nuove ipotesi su eventuali contatti tra sudamericani e genti del Pacifico (nonostante entrambi i gruppi di ricerca escludano una migrazione anche solo parziale che non sia passata da Bering..), è altrettanto evidente che le conclusioni sono apprezzabili considerando le modalità attraverso cui si è giunti al risultato. Il secondo gruppo infatti era focalizzato sul tema e stava svolgendo uno studio pluriennale che ha coinvolto come già detto oltre 100 teste pensanti, mentre il primo studio – quello del dott. Reich – non era affatto mirato alla ricerca di eventuali connessioni tra paleo americani e altre popolazioni. “Ci siamo imbattuti casualmente in questo dato – ha detto il prof. Reich al New York Times – e non stavamo affatto cercando in quella direzione”.
Tracce dal Pacifico nel DNA dei Paleoamericani
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