A colloquio con il prof. Rubén Stehberg, curatore capo dell’Area di Antropologia del Museo Nazionale di Scienza Naturali di Santiago del Cile. Il prof. Stehberg ha compiuto già otto campagne di scavo nelle Shetland del Sud, un’isola oltre lo stretto di Drake che altro non è se non la cima di un picco andino emerso dalle acque!
La ricerca iniziò dopo che l’Istituto Antartico Cileno vi trovò alcuni reperti archeologici che sottopose all’attenzione del MNHN. Datati ai primi del XIX secolo erano oggetti testimoni della frequentazione delle isole di Shetland per la caccia al leone marino. Il Prof. Stehberg iniziò un’investigazione in condizioni di lavoro estreme, portata avanti negli anni con un piccolo team di quattro persone (tra i quali la moglie, anch’essa archeologa, l’argentino Andreas Saranchin e l’australiano Mike Pearson).
Nella video intervista ci presenta le difficoltà e le particolarità di un tale progetto di scavo: solo 21 giorni disponibili all’anno, i costi altissimi causa il trasferimento in elicottero, la necessità di scavare “ a colpo sicuro”, i metodi di sopravvivenza quotidiana e gli strumenti del mestiere.
Archeologia di montagna a due passi dall’Antartide
Santiago del Cile: Dipartimento di Antropologia del Museo Nazionale di Storia Naturale
Abbiamo attraversato la Cordiliera Andina e siamo giunti sul suo versante occidentale, entrando in Cile dal Passo Portillo, una località nota agli sciatori di tutto il continente. Giungiamo così a Santiago del Cile e siamo accolti all’interno del Museo Nazionale di Storia Naturale (www.mnhn.cl) , nonostante sia ancora chiuso al pubblico per lavori di consolidamento dopo il terremoto del 2010 (riapre a maggio 2012).
Questa è la più antica istituzione scientifica cilena: all’inizio del XIX secolo, mentre il Cile si formava come nazione e prima di qualsiasi altra università, la biodiversità di questo lungo paese trova un punto di incontro qui.
175 anni dopo quel momento il Museo è ancora un’istituzione chiave sia per la raccolta che per la conservazione, l’investigazione e l’esibizione della diversità biologica e biculturale del Cile, con il fine di generare conoscenza scientifica e divulgazione ad ogni livello. Sempre in questo museo ha sede la Dirección de Bibliotecas, Archivos y Museos, che è incaricata del patrimonio scientifico nazionale.
Parlando di archeologia, siamo accolti dal prof. Cristian Baker, Curatore del MNHM e zoo-archeologo, che in questo breve video ci presenta il Museo e il Dipartimento di Antropologia. Il principale e importantissimo progetto in cui è impegnato attualmente il Dipartimento è quello di registrare le collezioni. Tutti i 200.000 pezzi archeologici del Museo più antico del Cile stanno per essere classificati secondo gli standard nazionali (dati e immagini in alta definizione) e presto saranno a disposizione di tutti i ricercatori (Progetto “SUR”= Sistema Unificado Registro).
Racconti dall’Argentina …
Cari amici di Arkeomount,
facciamo un piccolo passo indietro. In questi tre nuovi video Massimo e Veronica ci raccontano di Ushuaia e di un’importante scoperta, della visita all’incredibile sito UNESCO della Cueva de las Manos e di come la cultura Angualasta, grazie ad un recente ritrovamento, possa essere avvicinata alla nascita dell’impero Inca.
Buona visione!
La redazione di Cervelli In Azione
Qapacñan: il “Camino de los Incas” viene presentato all’UNESCO in questi giorni
Prima di lasciare l’Argentina attraversando le Ande all’altezza di Mendoza, per giungere a Santiago del Cile e proseguire il nostro reportage, veniamo informati che proprio in questi giorni l’UNESCO sta valutando il progetto definitivo per aggiungere il Qapacñan nella lista del World Heritage!
Il cosiddetto “Cammino degli Inca” è l’insieme del vastissimo sistema stradale dell’impero andino, il cui tratto principale era lungo 5.200 km, per collegare il regno da nord a sud. Questa strada pavimentata era larga almeno quattro metri e in alcuni tratti raggiungeva i 20 metri, collegando Amazzonia, costa Pacifica e Cordigliera Andina. Per lo più correva ad un altezza tra 3.500 e i 5.000 metri di altitudine e collegava centri amministrativi, zone minerarie, zone agricole e centri cerimoniali.
Partiva da Quito, in Ecuador e raggiungeva Santiago del Cile, passando anche per gli attuali stati di Colombia, Perù, Bolivia e Argentina.
Proprio questi sei paesi nel 2001, su proposta dell’allora INC peruviano (Instituto Nacional de Cultura) hanno sviluppato un progetto per la sua identificazione, studio, valorizzazione e conservazione. Il primo obiettivo è quello di conoscerne la vera dimensione in termini geografici, storici, etnografici, archeologici, educativi. L’iniziativa vuole anche implementare progetti di sviluppo per migliorare la qualità della vita delle popolazioni associate al “Camino”. Alcuni dati: l’intera rete viaria Incaica conta circa 60.000 chilometri di sviluppo, ai quali sono associati oltre 1.900 siti archeologici (moltissimi dei quali in quota) e 1.000 villaggi.
Ognuna delle sei nazioni coinvolte ha messo a disposizione una serie di esperti sotto il coordinamento centrale del progetto per raggiungere queste finalità. La professoressa Teresa Michieli, da noi incontrata a San Juan, è stata parte del gruppo di esperti interpellati per la parte Argentina.
Proprio in questi giorni, novembre 2011, dopo dieci anni (e in concomitanza con il nostro viaggio!), la commissione di sviluppo del progetto sta sottoponendo all’UNESCO l’intero lavoro perché il “Camino de los Incas” possa essere riconosciuto come Patrimonio Culturale dell’Umanità.
Suerte!
Archeologia di montagna: come, dove, quando
Siamo ancora nella valle di Calingasta (San Juan, Argentina), a tremila metri s.l.m., presso il sito archeologico di Los Morillos. La prof.ssa Michieli ci presenta le metodologie proprie di archeologia di montagna: difficoltà di raggiungere i siti, aridità, altitudine (con conseguente “puna”, mal di montagna, al quale ci si abitua sviluppando globuli rossi).
I siti di montagna sono più semplici da identificare di quelli in pianura, perché l’uomo ha da sempre abitato solo quei luoghi che hanno alcune caratteristiche: vicinanza all’acqua, riparo dal vento e dal freddo, presenza di erba per il bestiame, legna per il fuoco. Il sito in cui siamo ne è un esempio e la prof.ssa Michieli ci presenta le sue particolarità. L’oasi in cui ci troviamo ha la particolarità di avere acqua nel sottosuolo e un microclima stabile, che consente anche 5 gradi più caldi che all’esterno nella notte e 5 gradi di meno di giorno (frescura).
Anche i campi di archeologia non si fanno molto distanti da luoghi come questi, proprio per poter beneficiare -nei 20-60 giorni di campagna –dello stesso ambiente favorevole scelto migliaia di anni prima.
Infine, questo ambiente aiuta la conservazione. La Cordigliera impedisce ai venti umidi dei due Oceani di raggiungerla creando di fatto un clima desertico. L’aridità climatica ha fatto sì che quasi tutti gli elementi di vita quotidiana delle popolazioni che si sono succedute negli ultimi 8.500 anni siano arrivati a noi.
Los Morillos, pitture rupestri a 3.000 metri s.l.m.
Raggiungiamo il sito archeologico di Los Morillos, ai piedi della Cordillera di Ansilta (Dipartimento di Calingasta – San Juan, Argentina) a 2900 metri s.l.m. IN vista abbiamo l’Ausangate e il Mercedario, due dei più famosi picchi andini.
Un sito straordinario che non ha nulla d invidiare alla Cueva de Las Manos: la prof.ssa Michieli ci introduce alle tre grotte scavate in dieci anni e sette grandi campagne di scavo dal prof. Mariano Gambier.
A Los Morillos sono state recuperate prove archeologiche delle tre prime tappe di popolamento della regione, dal 6.500 a.C. fino al 600 d.C. periodo in cui si sono succedute le culture di Fortuna, Morillos e Ansilta.
La grotta che visitiamo ha dato il nome all’orizzonte culturale di Los Morrillos.
Il campionario di arte parietale è incredibile: motivi astratti in rosso, nero, giallo e bianco ci parlano di una cultura complessa, che probabilmente marcava il suo paesaggio con simbologie appartenenti a registri comunicativi ancora da decodificare.
Da questa zona sono emersi corpi mummificati (con datazioni dai 4.000 ai 2.000 anni fa) e tessuti in fibra naturale appartenenti alla successiva cultura di Ansilta, che introdussero la domesticazione dei lama e pratiche di semina domestica, ora conservati nel Museo Gambier.
Antropologia fisica: come approcciare lo studio dei resti umani
Incontro nel laboratorio dell’’Instituto de Investigaciones Arqueológicas y Museo “Prof. Mariano Gambier” di San Juan, con la dottoranda e biologa dott.ssa Cynthia Netto che ci illustra quali siano le procedure e le metodologie utilizzate per ottenere il maggior numero di informazioni possibili dallo studio dei resti umani.
La mummia del Cerro del Toro: storia di un reperto incredibile, dal ritrovamento alla conservazione
E’ detta la “Mummia del Toro”, ed è stata ritrovata nel 1964 ad oltre 5.000 metri da due scalatori. Un ritrovamento che ci ricorda quello di Oetzi. La prof. Michieli, direttrice del Museo “M.Gambier” di San Juan, che conserva questo straordinario reperto fin dal suo ritrovamento, ci racconta le vicende che lo riguardano.
Gli studi tanatologici archeologici, diretti da Juan Schobinger, datano la mummia al periodo incaico: probabilmente fu una vittima sacrificale interrata e addormentata, quindi morta per soffocamento.
Il reperto del Cerro del Toro è conservato da quarant’anni in una vetrina refrigerata.
Corpi mummificati nel deserto di San Juan
Proseguiamo la visita nella regione argentina di San Juan ed entriamo nel Museo “Prof. Mariano Gambier” sempre accompagnati dalla prof.ssa Michieli, archeologa e direttrice, che ci spiega come l’ambiente arido di montagna e l’azione del deserto abbiano conservato molti resti umani. Il Museo ne custodisce diversi, risalenti persino a 7mila anni fa.
Nel video, la prof.ssa Michieli ci introduce ad un mummia della cultura di Angualasto, ritrovata a pochi metri dal sito visitato con lei e ci consente di vedere e filmare il suo tatuaggio facciale che rappresenta il motivo del condor, tipico di questa cultura.
San Juan – La cultura Angualasto e un’interessante scoperta
Arriviamo a San Juan, nel nord dell’Argentina e incontriamo nuovamente (dopo il nostro incontro del 2009 in Italia) la Dott.ssa Catalina Teresa Michieli, archeologa, da 35 anni ricercatrice e direttrice dell’Instituto de Investigaciones Arqueológicas y Museo “Prof. Mariano Gambier” di San Juan, che ci ospita per mostrarci le sue ricerche in questa sconfinata regione sudamericana.
Nei due video girati nella valle di Iglesia, nei pressi della città di San Juan, la Dott.ssa Michieli ci mostra il sito di Angualasto, che dà il nome alla cultura che l’ha abitata tra il 1200 e il 1400 d.C.
L’area è già stata denominata Patrimonio Archeologico Provinciale (2002), Sito Storico Nazionale e anche Monumento Storico Nazionale.
Nel secondo video l’annuncio – in esclusiva per Arkeomount – di una recentissima scoperta, che potrebbe aiutare a comprendere non solo perché questa civiltà di Angualasta sia improvvisamente arrivata e altrettanto improvvisamente scomparsa dopo soli 200 anni, ma anche quale sia il legame tra questa regione e le zone andine più a nord, dove stava per formarsi la civiltà Inca. Il tema sarà oggetto del prossimo libro della dott.ssa Michieli. Una piccola glaciazione potrebbe aver colpito il sud del Perù dopo la scomparsa degli imperi Tiawanacu e
Wari causando una grande carestia. La valle di Iglesia, invece, conobbe un periodo ottimo per la domesticazione dei camelidi e l’agricoltura: da qui, per duecento anni, sarebbero partiti i “rifornimenti” per tenere in vita le popolazioni più a nord, gli stessi che sarebbero poi diventati Incas!