Rio Pinturas: tre giorni alla Cueva de las Manos!

Ecco il primo video per raccontarvi di uno dei siti archeologici più incredibili al mondo: la Cueva de Las Manos (prov. Di Santa Cruz, Patagonia Argentina).

Ringraziamo la “Coordinación Ejecutiva Cueva de las Manos” e la Municipalidad di Perito Moreno per l’invito e la possibilità di essere qui e la compagnia Taqsa Bus per il passaggio lungo la mitica Ruta40!

Vi lasciamo godere delle prime immagini: nei prossimi post altre immagini e informazioni su questo sito, Patrimonio dell’Umanità UNESCO dal 1999 con 9.300 anni di storia dipinta sulle pareti!

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Terra del Fuoco: dove la chiave dell’archeologia di montagna è il bosco!

Prima di lasciare la città più a sud del mondo, abbiamo conosciuto la Prof.ssa María Estela Mansur, archeologa del Centro Austral de Investigaciones Científicas (CADIC-CONICET) di Ushuaia.

Specializzata in tecnologia litica, segue le ricerche archeologiche nella zona centrale della Terra del Fuoco, dove è stata la prima ad occuparsi di archeologia di montagna. La prof.ssa Mansur si è preoccupata di elaborare un modello sociale per le popolazioni che abitavano la zona dall’ultima glaciazione ad oggi. Infatti, quando si parla di cacciatori raccoglitori della steppa, in letteratura l’unico riferimento è il modello dei cacciatori delle steppe europee del Paleolitico. Anche in Terra del Fuoco per i Shelknam si usava questo modello sociale, senza mai prendere in considerazione la loro vita in montagna. La letteratura fino a qualche anno fa diceva semplicemente che la montagna non era abitata. In realtà nessuno aveva mai studiato la questione e – di conseguenza – nessuno si era mai domandato quale fosse il modello valido per i cacciatori delle montagne.
La prof.ssa Mansur ha voluto incaricarsi della ricerca in questo ambito.

Il problema era risolvere la dinamica investigativa qui resa difficile dal dover operare all’interno del bosco:
– il sopraluogo è pressoché impossibile perché non si vede nulla;
– lo spessore dello strato di terra scavabile è minimo (qualche decina di centimetri) perché subito sotto si incontra lo strato roccioso;
– questo stesso strato roccioso fa sì che le radici degli alberi si debbano sviluppare in senso orizzontale anziché verticale;
– la presenza di forti venti e l’azione distruttrice dei castori (importati negli anni ‘40 e qui riprodottosi enormemente per l’assenza di predatori naturali) contribuiscono all’abbattimento degli alberi, che sradicandosi distruggono vaste aree di terreno compromettendo gli eventuali resti di interesse archeologico.
Inoltre la presenza di radici complica lo scavo stratigrafico. Infatti, la dinamica biogenica del bosco accelera la decomposizione dei resti umani, ossa incluse.
Per la datazione di questi siti ci si concentra pertanto sulla ricerca di frutti, semi carbonizzati (databili con il carbonio 14) e molluschi (studio degli anelli di crescita), nonché sullo studio dendrocronologico quando possibile (anelli di crescita dei tronchi utilizzati per la costruzione delle capanne).

Una delle ultime scoperte della Prof.ssa Mansur è l’identificazione, lo scavo, lo studio e l’analisi di una capanna cerimoniale Shelknam utilizzata per la cerimonia dello “HAIN” (iniziazione maschile) e del circostante centro cerimoniale, datato alla primavera del 1905 (sito di Ewan I). Le fonti letterarie (Gusinde e Chapman) descrivono l’ultima cerimonia “HAIN” avvenuta nel 1923.
Le ricerche della Prof.ssa Mansur, svolte anche insieme al Prof. Raquel Piqué del Departament de Prehistòria – Grup d’Arqueologia Social Americana – Unidad Asociada al CSIC – Universitat Autònoma de Barcelona, dimostrano come la foresta subantartica sia un paesaggio privilegiato e costituisca un ambiente ricco di diverse risorse, abbondantemente sfruttato dalle popolazioni native fino dalla fine dell’ultima glaciazione.

Ringraziamo la Prof.ssa Mansur per le preziose e interessanti informazioni fornite in questo ambito archeologico (montagna e bosco) ancora poco conosciuto. La studiosa fuegina è entrata da poco nella nuova Commissione sull’Ambiente Montano della UISSP (UNION INTERNATIONALE DES SCIENCES PRÉHISTORIQUES ET PROTOHISTORIQUES) presieduta dal Prof. Stefano Grimaldi del Laboratorio di Preistoria “B.Bagolini” del Dipartimento di Filosofia, Storia e Beni Culturali dell’Università degli Studi di Trento.

Segnaliamo infine ai nostri lettori un link al quale poter visionare un’intervista video alla prof.ssa Mansur realizzato quest’anno dalla Tv Pubblica Argentina (http://www.youtube.com/watch?v=zEMM4AM6RcU – l’intervista alla Prof.ssa Mansur inizia circa al quinto minuto del video e prosegue in altri tre spezzoni indicati sulla barra laterale di YouTube).

 

La capanna per l'Hain studiata dalla Prof.ssa Mansur (foto del 1985)

 

 

 

 

 

 

 

 

Schema del centro cerimoniale Hain (per gentile concessione della prof.ssa Mansur)

 

 

 

Schema della capanna Hain (per gentile concessione della prof.ssa Mansur)

 

 

 

 

 

 

 

 

Particolare del complesso scavo nel bosco (per gentile concessione della prof.ssa Mansur)

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Metodologia archeologica: deduzione e sperimentazione

In quest’ultima intervista, il Prof. Ernesto Piana (Conicet di Ushuaia) ci dà una dimostrazione di ricostruzione archeologica a partire da ritrovamenti materiali, dati etnografici e osservazioni del contesto ambientale. Mostriamo una ricostruzione di un arpione Yamana e delle strategia di caccia al leone marino.

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Yamana, Alakaluf, Shelknam e Huish

Il Prof. Ernesto Piana (Conicet di Ushuaia) in questa nuova intervista, ci introduce ai principali gruppi indigeni che abitavano la terra del Fuoco al momento della colonizzazione europea.

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Uno dei siti archeologici più a sud del mondo

Siamo andati alla ricerca di un conchero Yamana, come quelli di cui ci ha parlato il prof. Piana e lo abbiamo trovato in una piccola isola del canale di Beagle. Ringraziamo “Canoero Catamaranes” di Ushuaia (www.catamaranescanoero.com.ar), che ci ha dato un passaggio sul suo catamarano “Elisabetta”. Nell’immagine tratta dal GPS Spot fornitoci da Gialdini, ecco fin dove siamo arrivati per mostrarvi questi sito!
Alle nostre spalle la cordigliera delle Ande.

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Metodologia archeologica – analisi dei “concheros” in Terra del Fuoco.

Ancora con il Prof. Piana del CONICET di Ushuaia per entrare nel vivo della ricerca archeologica in zone estreme. Come si fa la ricerca sul campo alla base delle Ande quando le variabili sono differenti da quelle che solitamente si incontrano in uno scavo in pianura su territorio continentale?

 

 

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Fauna della Terra del Fuoco

Continuiamo a documentare il mondo animale che incontriamo lungo le Ande.
Lo studio dell’ambiente animale a vegetale che attualmente ci circonda è importante anche per la ricostruzione antropologica ed archeologica del passato.

 

 

 

Nel Parco Nazionale della Terra del Fuoco, al confine con il Cile, abbiamo incontrato il picchio dalla testa rossa qui detto Pajaro carpintero. Il bellissimo volatile indifferente alla nostra rumorosa presenza ha continuato a lavorare alacremente picchiettando con il becco contro il tronco dell’albero su cui era posato.

 

 

 

 

 

Una grande minaccia per l’ecosistema di questa isola è rappresentata dalla spropositata riproduzione del castoro, qui introdotto nel 1947 dal Canada a scopo commerciale per la sua pelliccia, e che qui ha trovato l’ambiente ideale data l’assenza di predatori naturali e l’abbondanza di corsi d’acqua e di vegetazione. Il Lenga (Nothofagus pumilio), tipico rappresentante del bosco andino patagonico, ne porta i segni come mostrato nella foto.
Il cauchene è un volatile della zona, monogamo per tutta la vita, ci ha accompagnato per buona parte del trekking.

 

 

 

 

 

 

A seguire due belle immagini della volpe rossa ritratte durante la nostra escursione sul lago Fagnano in 4X4 (www.canalfun.com)

 

 

 

 

 

 

Infine, navigando lungo il canale di Beagle, abbiamo avuto l’occasione di conoscere da vicino il leone marino, che rappresentava la base della dieta delle popolazioni canoere della zona (Yamana e Alakaluf). E’ un mammifero della famiglia delle otarie che si distingue dagli elefanti marini, appartenenti invece alla famiglia delle foche. Condividono gli stessi scogli con i cormorani imperiali, che da lontano posso assomigliare ai pinguini.

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Fauna della Penisula Valdes

Un elefante marino alla Penisula Valdes

Sappiamo che alcune scolaresche ci stanno seguendo sul blog. A loro dedichiamo qualche scatto rubato nei nostri spostamenti tra la ricca fauna locale, il cui studio è anche importante per l’investigazione archeologica del passato. In questo primo post sul tema, una carrellata di immagini che ritraggono alcuni degli animali che vivono la Penisula Valdes in Argentina, zona particolarmente ricca di specie marine e terrestri per la sua fortunata posizione e conformazione. Gli elefanti marini, che qui si rifugiano per il periodo riproduttivo (dall’accoppiamento allo svezzamento dei nuovi nati), la credono un’isola, mentre le balene franche australi la scelgono perché le sue due baie le protegge dal predatore naturale (l’orca). I Pinguni di Magellano (riconoscibili per il doppio collare nero e alti non più di 40 cm) hanno fondato una colonia stabile e particolarmente numerosa nella vicina Punta Tombo. Dopo sei mesi di separazione le stesse coppie (restano monogami per tutta la vita) tornano a formarsi per la riproduzione e in questo periodo cercano il nido che già avevano costruito negli anni passati. In una delle foto che proponiamo si può notare un pinguino mentre si impermeabilizza il pelo grazie ad una sostanza prodotta da una ghiandola posta in prossimità della piccola coda.Aggiungiamo un curioso scatto di un guanaco (tipico camelide patagonico) e di uno struzzo americano, più piccolo e grigio rispetto al cugino africano.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Ushuaia e la prima risposta – inizia una nuova storia per il Sud America!

Siamo appena arrivati a Ushuaia, la città più a sud del mondo, dove geologicamente iniziano le Ande. Siamo nella Terra del Fuoco argentina e il nostro incontro con Ernesto Piana, ricercatore principale al CADIC (istituto multidisciplinare parte della rete Conicet) e direttore del Progetto Archeologico Canal Beagle dal 1975, ci accoglie con una notizia freschissima, che risponde a molte delle domande cui cercavamo risposta nel nostro viaggio. Siamo tra i primi ad annunciare questa scoperta, che proprio in questi giorni viene presentata all’VIII seminario di archeologia patagonica.
Solo 10 giorni fa sono arrivati i dati inerenti gli scavi compiuti dal 2009 al 2011 nel sito fuegino di Imiwaia dal prof. Piana e dal suo staff. Le datazioni calcolate consentono di confermare che le popolazioni fuegine sopravvissero alla separazione della Terra del Fuoco dal continente sudamericano dopo l’apertura dello stretto di Magellano (8.000 anni fa circa) e svilupparono una loro cultura propria. Tutte le premesse e le risposte sono nella nostra prima intervista che pubblichiamo con questo post. L’importanza di questo dato è determinante per tutta la storia sud americana: ci aspettiamo nei prossimi anni una sorta di “effetto a catena”, che consenta di porre nuove domande ai ricercatori che studiano le popolazioni più a nord delle Ande. Anche noi andremo verso nord…

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Ecocentro di Puerto Madryn

Alla fine della giornata di visita naturalistica alla Penisola Valdes per osservare le balene e i leoni marini che qui vengono per riprodursi e partorire tra il mese di giugno e gennaio, il dottor Juan Carlos Lamas ci ha accolto all’Ecocentro (www.ecocentro.org.ar). L’Ecocntro è un interessante centro per la divulgazione degli studi sulla fauna legata al mondo marino in questa particolare regione della Patagonia, che per le sue caratteristiche geografiche è stata eletta da varie specie animali come luogo ideale per riprodursi e partorire, nato solo 10 anni fa. Il prof. Lamas – biologo marino – in questa breve videointervista ci ha spiegato di quali sono gli obiettivi di questa struttura e di come sia possibile coniugare gli aspetti più scientifici della ricerca all’arte, lo studio all’emozione, per tornare ad essere parte dell’ambiente in cui viviamo.

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