Il sito di Dmanisi_teschio - Foto Ambasciata Georgiana
Sono mesi roventi per il dibattito paleoantroplogico. Dopo la scoperta dell’Homo di Naledi in una caverna vicino Johannesburg (si veda l’articolo pubblicato su eLife- https://elifesciences.org/content/4/e09560: ben 1.500 fossili per uno dei più importanti ritrovamenti di una singola specie di ominide di sempre), ecco che il sito georgiano di Dmanisi si sta affermando nella comunità scientifica internazionale come quello che ha riportato alla luce la più antica specie ominide europea. A marzo, a Roma, si è tenuta una giornata dedicata alla Georgia, durante la quale il Prof. David Lordkipanidze, archeologo georgiano di fama internazionale, ha dichiarato: “abbiamo scoperto scheletri umani risalenti a 1,8 milioni di anni fa, ciò significa che il genere umano ha lasciato l’Africa quasi 1 milione di anni prima di quanto pensassimo e questo ha destato enorme sorpresa tra gli scienziati; stiamo cambiando la visione sull’evoluzione del nostro genere: gli uomini erano molto più primitivi quando hanno cominciato a colonizzare il mondo e possiamo dire che in diverse parti del pianeta esistessero generi umani differenti ma con molte caratteristiche simili” (citazione dal comunicato stampa a noi inviato). Lo studioso ha concluso ricordando che i resti ritrovati sono i più antichi mai scoperti fuori dall’Africa.
Dmanisi si torva nel sud del paese, a soli 85 km da Tbilisi ed era una città medievale posta su una collina. Proprio uno scavo nelle rovine dell’antica città, hanno portato nel 1983 alla scoperta fortuita di un sedimento risalente al Pleistocene contenente principalmente ossa animali. Successivamente anche utensili di roccia e ossa di ominidi sono venute alla luce. Grazie a tecniche radiometriche gli archeologi hanno datato i resti che erano immediatamente sopra uno strato di roccia vulcanica che è certamente di 1,85 milioni di anni fa. Successivi sutdi paleo magnetici hanno datato i resti immediatamente superiori a quelli vulcanici a 1,77 milioni di anni. A questa epoca dunque risalirebbero anche le ossa degli ominidi che vi giacevano. Un ulteriore attestato di questa datazione p fornito dal fatto che nello stesso strato stavano anche i resti di un roditore (detto Mimomide) che ha abitato quelle terre esclusivamente tra 1,6 e 2 milioni di anni fa. Lo studio che ha accompagnato la relazione dell’archeologo georgiano sottolinea come per lungo tempo gli scienziati hanno pensato ai primi ominidi fuori dall’Africa come ad una tipologia in possesso di un grande cervello e di una statura approssimativamente vicina a quella dell’Uomo Antomicamente Moderno.
Il cranio D3444 - Foto Ambasciata Georgiana
Si pensava che questo primo gruppo avesse messo piede fuori dal continente africano circa 1 milione di anni fa , quando la sua evoluzione – anche in termini di strumentazione – gli permetteva un tale passo. Ma il sito di Dmanisi – con i resti di 5 teschi, 4 mandibole e un centinaio di ossa craniche – ci offe una visione nuova ed è la “più ricca e più completa collezione di resti Homo da un solo sito in un simile e comparabile contesto stratigrafico”. Come ha sottolineato il presidente dell’Associazione Scudo di San Giorgio, Lelio Orsini d’Aragona, che ha organizzato l’incontro di Roma: “Il teschio numero 5 di Dmanisi riassume in sé caratteristiche erroneamente ritenute indicative di quattro specie diverse di homo: habilis, ergaster, rudolfensis ed erectus, quindi la potenza di questa scoperta è determinata dal fatto che questi ominidi, che prima venivano collocati in un lasso temporale molto distante l’uno dall’altro, si sono trovati riuniti nello stessa specie, nello stesso periodo storico e nella medesima società”.
Il sito di Dmanisi_1 - Foto Ambasciata Georgiana
Era presente anche il noto paleoantropologo francese Prof. Yves Coppens che nel 1974 era nel team che scoprì i resti della famosa Lucy. Il comunicato stampa purtroppo riporta solo una sua battuta, ovvero “l’uomo è uomo non appena si fa uomo; con lui emerge l’aspetto cognitivo, tecnologico, intellettuale, estetico, etico e religioso; l’homo religiosus ha 3 milioni di anni”.
Tornando al cosiddetto Homo Georgicus, ricordiamo che è dal 2013- anno di pubblicazione di un famoso articolo su Science – che il suo studio ha aperto un nuovo scenario. Si legga questo articolo di National Geographic (http://www.nationalgeographic.it/scienza/2013/10/18/news/il_cranio_che_sta_rivoluzionando_la_storia_dell_uomo-1854146/) dal quale traiamo alcuni spunti per concludere il nostro pezzo. In pratica, “Skull 5 presenta caratteristiche primitive. Ha una scatola cranica piccola, il volto allungato, la mascella superiore quasi scimmiesca, grandi denti. Tutti elementi che rimandano alle antiche specie africane. Gli altri crani, invece, mostravano caratteristiche che richiamavano quelle del più moderno Homo erectus, asiatico”. Dopo analisi alla TAC si è definito che i cinque individui georgiano presentano allo stesso tempo caratteristiche antiche e moderne. Il quesito dunque è “a quale specie vanno attribuiti gli umani di Dmanisi?”
Le variazioni di caratteristiche riscontrate nei fossili non indicano che fossero di specie diverse, quindi sono una specie a sé, oppure sono Erectus. Ma se così fosse allora anche gli altri ominidi rispetto ai quali le variazioni sono minime, ovvero Rudolfensis ed Ergaster, sarebbero solo sottospecie di Erectus…
David Lordkipanidze mostra il teschio- foto di FrancescaFago
Ovvio scrivere che più scoperte consentono l’avanzamento della conoscenza, ma anche nel campo della paleoantropologia la difficoltà di una teoria univoca si sta iniziando ad affermare e le credenze quasi granitiche sulla teoria evoluzionistica stanno lasciando il passo a nuovi scenari, nei quali è sempre più difficile ingabbiare la vita.